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La torrefazione del caffè: le tecniche e la loro evoluzione



La torrefazione del caffè veniva inizialmente realizzata con modalità del tutto artigianali e addirittura casalinghe: gli strumenti di torrefazione consistevano infatti in tegami in ferro con fori sul fondo o in cilindretti metallici cavi dotati di un manico molto lungo e di un’estremità appuntita da inserire in un alare del camino per farli ruotare sulla fiamma ardente. A partire dalla rivoluzione industriale nacquero i primi grandi macchinari che permisero di tostare il caffè in appositi stabilimenti: le aziende di torrefazione. Questi macchinari, che in effetti da allora hanno subìto soltanto modifiche marginali, consistevano essenzialmente in enormi cilindri nei quali venivano introdotti i chicchi di caffè verde crudo, collegati ad un bruciatore che sfruttava l’azione di diversi combustibili: gas metano, legna o carbone. La tostatura a gas è quella di più recente invenzione e permette un ciclo di torrefazione decisamente più breve rispetto all’utilizzo degli altri due combustibili, ma tende a cuocere il chicco di caffè prevalentemente all’esterno, con la possibilità di determinare così anomalie gustative nel profilo del prodotto finale. Inoltre non offre una qualità costante nel risultato in quanto il gas, una volta miscelato all’aria, risente dei fenomeni atmosferici correnti; di conseguenza il ciclo di tostatura deve essere costantemente aggiustato, allungando o accorciando i tempi di cottura. Questo tipo di torrefazione, che porta in breve tempo il chicco di caffè ad alte temperature, tende ad enfatizzare le note acide e pungenti penalizzando leggermente il corpo e la struttura del prodotto finale. L’utilizzo del carbone come combustibile comporta invece un ciclo di tostatura lento che permette agli oli aromatici presenti nei chicchi di caffè di sprigionarsi completamente conferendo alla bevanda un profilo gustativo piuttosto complesso e corposo. Tuttavia questo metodo rende difficile la regolazione del calore e contempla il rischio che il fumo prodotto dal combustibile, dal forte sapore amaro, comprometta il sapore finale. La tostatura a legna è sicuramente la più ecologica in quanto, a differenza delle precedenti, sfrutta fonti di energia rinnovabili. Permette una più facile regolazione del calore e, implicando un ciclo di tostatura lento, conferisce al caffè una corposità piena ed una certa rotondità, regalando spesso leggerissime note di affumicato e legno stagionato. La legna implicata nel processo è quella denominata “forte”, ovvero quella più compatta che ha la capacità di bruciare più lentamente e di mantenere a lungo la fiamma. A questa categoria appartengono i legni di olmo, quercia, leccio, faggio e frassino che possono essere utilizzati indistintamente a seconda delle preferenze della ditta di torrefazione, in quanto la loro sostituzione non influisce nel profilo del prodotto finale; l’importante è che il combustibile in questione venga correttamente stagionato e conservato in modo da eliminare l’umidità, che può provocare una disomogeneità nel potere calorifico dei vari pezzi di legna. Rientrano nei metodi di torrefazione anche tutti quelli domestici, ad oggi poco praticati, che includono l’ausilio di vari strumenti: il tegame, il forno a gas o a convenzione, macchine a piano fluido per la cottura dei pop-corn o specifiche per la torrefazione e recentemente anche il forno a microonde.

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